Gracias Perù

Pubblicato il: 25/2/2012 da Amici del Peru No Comments

1° di Ottobre 2004. E’ arrivato il momento del mio viaggio in Perù. Finalmente toccare con mano l’esperienza che Maurizio condivide ogni giorno della vita nelle strutture realizzate. Un mese immersa in un’altra dimensione di suoni, colori, odori e persone di altra cultura.
Riccarda e Angelo sono stati i miei compagni di viaggio, già esperti poiché sono al loro 3° incontro con la missione Agape.

Arrivati a Lima, prima tappa, dove il medesimo giorno è giunto anche il container inviato dall’Italia ai primi di luglio, ci siamo messi subito al lavoro: scaricando, sistemando e dividendo il materiale delle casse per destinarle alle varie missioni sul territorio.
Oltre a noi vi erano anche persone del posto ad apportare il loro aiuto nell’attività di smistamento e anche il fratello di Mao, Francesco, che si trovava già da luglio in loco.

Molti i mesi occorsi per lo sdoganamento del container (da luglio ad ottobre) poiché la burocrazia è rigida, nonostante si tratti di aiuti umanitari.
Esausta ma felice, ho visto con i miei occhi che la bontà delle persone che dall’Italia aiutano questa Associazione, sono andati a buon fine.

Il giorno dopo, ci siamo equipaggiati alla volta di Cuzco. Un viaggio che mi è rimasto parecchio impresso. Volare sulle Ande. Vedere queste catene maestose mi infondeva un senso di pace e immensità. Naturalmente l’altitudine si faceva sentire, infatti appena giunti a destinazione, mi sentivo “rallentata” e dovevo camminare con molta calma, respirando profondamente a causa della carenza di ossigeno. La frenesia e lo stress con cui ero partita erano svanite ed ho interpretato la cosa come un segnale interiore, che poi ho realizzato nei giorni a venire.

Durante il percorso tra l’aeroporto e casa di Maurizio, mi pareva di essere proiettata in un mondo antico e allo stesso tempo moderno. Persone che realizzavano il loro commercio in strada. Case molto umili e bambini sporchi che si inventavano giochi con un niente. Altri bambini, agli angoli delle vie, lucidavano scarpe ai passanti.
Il cielo limpido e azzurro come non l’avevo mai visto e le nuvole bianche che si rincorrevano quasi a giocare fra loro, così vicine che sembrava di poterle toccare.
Maurizio ci ha accolti nella sua umile dimora dalle poche pretese, con molta cordialità. Nell’aria un senso di condivisione e fraterna amicizia.
Qualche giorno per ambientarsi e consentire l’adattamento fisico ai 3500 metri di altitudine e poi è iniziata la vera attività. Ho avuto l’occasione di conoscere le ragazze del Gruppo Agape che collaborano con Maurizio e gestiscono le mense di Urcos, Paucartambo e Paruro, dove vengono accolti circa 500 bambini al dì.

La prima mensa visitata…quella di Urcos. Il Comedor è stato ambientato in un vecchio mattatoio prestato dal Municipio al gruppo Agape, opportunamente restaurato e reso accogliente da alcuni murales. Dopo la scuola, i bimbi (un po’ sporchetti) arrivano al portone d’ingresso e ad uno ad uno, con il loro cucchiaio, accedono alla struttura per poter mangiare un pasto caldo.
Quel giorno, in particolare, hanno trovato noi ad attenderli. Nonostante le ragazze del gruppo gli avessero detto del nostro arrivo, in principio ci guardavano un po’ intimiditi, con i bellissimi occhi ed il sorriso pieno di semplicità e sorpresa. Ma dopo pochi minuti ne eravamo circondati. Facevano domande, volevano essere fotografati e ci abbracciavano. Con gusto mangiavano la ciotola di zuppa fatta di verdura e pasta e dopo il pranzo ci hanno intrattenuto con balli e canti.
Grande era il desiderio di poter vedere questa realtà e finalmente incontrare i bambini che, fino a ieri, avevo visto in foto e filmati. Tutto il vissuto di questo giorno non è passato invano.

Parlando fra noi e meditando su quello che abbiamo visto ci siamo resi conto che il nostro poco qui è tanto e come la nostra vita sia proiettata in un vortice dove la frenesia e il progresso ci porta a non pensare più.
Le altre due mense che ho visitato, Paruro e Paucartambo, sono raggiungibili dopo alcune ore di bus lungo strade sconnesse e dirupi profondi, ma la particolarità di questi paesini nascosti tra le montagne, è unica. La gente si riunisce nella piazzetta centrale cui si affacciano piccoli negozi che vendono di tutto. Sorprendente vedere per le strade ogni tipo di animale e bambini che giocano attorno ai venditori ambulanti.
Le strutture che accolgono le mense, anche se costruite con mattoni di fango e legno, risultano molto accoglienti. All’interno vi è la cucina dove viene preparato il pranzo e accanto una grande stanza con pareti colorate, piena di tavoli e sedie dove ogni giorno circa 200 bambini vengono dopo la scuola. Anche i bambini che abitano lontano e non hanno la possibilità di fare pappa, frequentano le mense.
Arrivano piano piano, un po’ sporchi e mal vestiti, alcuni anche scalzi. Il viso bruciato dal sole e dal vento. Qualcuno con alle spalle il proprio fratellino.
Le loro pance gonfie per la parassitosi intestinale, quasi tutti denutriti, ma negli occhi uno sguardo vigile e furbetto. Alcuni paiono già delle persone adulte poiché qui la vita è molto diversa da quella dei nostri bambini, infatti si divertono con poco e spesso lavorano nei campi, facendo da guardia agli animali o accudendo i fratelli più piccoli.

Nelle mense di Paruro e Paucartambo sono funzionanti, da poco, due forni a legna per fare il pane e i dolci e quindi produrre un alimento in più per sfamare i pargoli.
Nell’esperienza che ho vissuto nelle mense, ho dato il mio contributo nella preparazione e distribuzione del pane e della pizza.
Da Paruro/Paucartambo, ci siamo poi spostati nella regione di Puno, dove Maurizio sta portando a termine il Progetto Agropecuario (Solidaridad Andina), nella Provincia di Lampa, precisamente all’interno della comunità di Chullunquiani , a 4000 metri di altitudine.

Qui la vita è veramente dura.
Diverse ore di strade sterrate, polveri e dirupi ci hanno diviso dall’arrivo in questa area. Un paesaggio veramente bello mi si presentava dal vetro del finestrino: rocce rosse che assumevano diverse forme durante il cammino; piante strane molto grandi, con fiori particolari; lama che saltellavano per la strada; il cielo assumeva un colore splendente; il vento forte e il sole scaldavano il viso. Mi sono sentita proiettata in un’altra dimensione lontana dai miei canoni di vita.
Arrivati a destinazione, i bambini ci sono venuti incontro per salutarci, sembrava di essere in un presepe. Le pecore. I lama. I bambini che giocavano e in lontananza uomini che portavano al pascolo gli animali.
La struttura, realizzata con l’aiuto degli abitanti della comunità, sorge maestosa ai piedi della montagna. Al suo interno, recinti con maiali, galline, conigli, papere, porcellini d’india. Il bello di tutto questo è che gli abitanti lavorano fieri, sapendo di avere in corso d’opera una realizzazione comunitaria insieme a Maurizio.

Ci chiedevano info sul materiale arrivato dall’Italia con il container, sugli attrezzi agricoli e consigli sulla serra che doveva essere montata per poter coltivare gli ortaggi al riparo dal freddo, poiché qui la temperatura scende molto la notte.
La sera ci siamo riuniti tutti intorno ad un tavolo per cenare a lume di una candela, mentre fuori la notte stava calando. Nella comunità, come per incanto, si potevano vedere piccole luci delle lanterne che illuminavano le capanne dei contadini. Ancora non c’è l’elettricità. Dominava un silenzio “silenzio”! Senza auto, ne televisione, solo il rumore del vento e alcuni cani che abbaiavano in lontananza.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto, scavando nel profondo di me stessa come non avevo mai fatto, perché sempre qualcosa mi distoglieva dal pensare con più intensità. In Perù, insieme ad altre persone, sono riuscita a condividere pienamente le mie giornate e a capire perché in Italia corro sempre, penso al domani senza riuscire a cogliere la gioia delle piccole cose che ci vengono donate giornalmente, valorizzandole in pieno.
La bellezza di un sorriso. L’umiltà. Basta veramente poco per poter rendere felice un persona. Un bimbo che ti tiene nella mano il dono di un biscotto e un “gracias hermana” con il sorriso pieno di ingenuità semplicità e bellezza.

SONIA

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