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L’ovest del mondo

Pubblicato il: 25/2/2012 da Amici del Peru No Comments

Cari amici,

l’impulso di scrivere ha superato qualsiasi altro sentimento irrazionale che venendo in Perù può nascere in una ogni persona che abbia un minimo di sensibilità. Il Perù è uno stato che vive ai margini dei mondo in un disagio totale:fisico, poiché nella cordigliera delle Ande si superano i 4000m e vivere diventa un istinto primordiale; politico, poiché dal ’90 anno in cui Fujimori è andato al governo la situazione è precipitata notevolmente senza più riprendersi sociale, poiché la popolazione vive da anni ai margini della sussistenza che ovviamente è andata peggiorandosi con l’instaurarsi di questa dittatura.

A molte persone che hanno intrapreso questo viaggio dopo ho sentito ripetere sempre le stesse parole: “noi occidentali, colonizzazioni, multinazionali, stile di vita”. Di fronte a chi mi ha detto questo mi sono sentita in disparte perché a mio avviso, questo è solo un approccio primario alla povertà di questo paese come di molti altri paesi dell’Africa o dell’Asia. La nostra indignazione non deve trasformarsi in carità ma in un aiuto efficace alle persone che hanno più bisogno. Il nostro operare deve essere il frutto della nostra cultura e della nostra educazione, soprattutto deve nascere come contraccambio di culture e tradizioni diverse dalle nostre. La tolleranza e il rispetto ci devono sempre accompagnare nel nostro cammino per ricordarci chi siamo noi e chi sono loro. I mass-media trasmettono i reportage dei paesi dei terzo mondo nelle ore tarde della notte, forse per illudersi che non esistono!

L’arrivo nella capitale non è stato molto diverso da quello che mi aspettavo poiché avevo letto i giornali e visto la T.V. Chiaramente mi hanno colpito le contraddizioni di questa città: i carri armati ai margini delle strade, i soldati ad ogni angolo per far sentire un potere onnipresente e poi gli uomini che davanti ad essi scambiano i soldi al nero. Il corso principale è pieno di persone che chiedono l’elemosina, di persone e bambini che vendono e comprano tutto dai cuccioli di cane alle scarpe. Man mano che ci si allontana dal quartiere principale il degrado diventa insopportabile, ma grazie all’aiuto dei missionario laico Maurizio Caneva che vive qui riusciamo a muoverci anche nei dipartimenti al di fuori di Lima.

I mezzi di trasporto che ci portano verso il Cusco sono o per i poveri, con un bus che deve percorrere una strada sterrata in pessime condizioni impiegando più di un giorno, o per i ricchi, con un aereo il cui biglietto non ha un prezzo fisso dipende dalla compagnia impiegando un’ora. E Cusco era la prima capitale del Perà prima della colonizzazione, simbolo della cultura Inka , infatti il centro storico ne è degno anche se le condizioni igienico-sanitarie sono esasperate. Per cause di forza maggiore il soggiorno al Cusco deve durare almeno tre giorni poiché l’altitudine (3350 m) non ci lascia respirare.

Finalmente partiamo per il dipartimento periferico di Paucartambo dove Maurizio ha fondato il Comedor della Vergin del Carmen. Ci avverte del viaggio disagiato, ma l’immaginazione non è abbastanza. Il bus può salire solo tre giorni alla settimana perché la strada è percorribile solo in un senso, è strapieno di gente, i bambini sono attaccati con un panno alla maniglia di sostegno e qualche volta cadono. La strada è dissestata, più volte si forano le gomme quando i bus non cadono negli strapiombi. L’unico medico che lavorava al Comedor è morto proprio così.

Il Comedor è una struttura enorme ed uno spiraglio di luce fra le costruzioni del villaggio, attende a 230 bambini con un pasto completo giornaliero e secondo le disponibilità con una ripartizione differente di cose da vestiti scarpe e utili scolastici. Alle 13.30 i bambini vengono al Comedor con il sorriso sulle labbra. Essi sono ingenuamente bambini, ma Maurizio vuole insegnarli ad essere grandi e indipendenti, infatti tutti i giorni il cucchiaio per mangiare se lo portano da casa e una volta alla settimana un sacco di patate. Un giorno alla settimana le infermiere della mensa escono attendendo alle comunità agricole al di fuori dei villaggio. Le strade sono percorribili solo a piedi perché sono strette e tra i boschi. Nella comunità non c’è la luce ed il centro di salute governativo, punto di riferimento per le infermiere, è una baracca squallida e oscura. Per l’acqua c’è un’unica fonte in tutto il villaggio. Le persone che cercano un aiuto medico hanno problemi respiratori dovuti al freddo e alla malnutrizione, i bambini hanno la scabbia e i pidocchi. L’autorità della comunità è un signore apparentemente anziano che ci accoglie con entusiasmo e stima, offrendoci perfino da bere. La fila dei degenti fuori è interminabile, ma il tempo scarseggia e molti dovranno aspettare la settimana successiva per essere curati. Quando usciamo dal “centro” una bambina raccoglie una caramella caduta nella fognatura a cielo aperto per mangiarla. Non senza difficoltà riusciamo a non piangere per le condizioni in cui vivono.

Si riparte e quello che ci attende non è certo migliore anzi.
Maurizio ha fondato un altro comedor nel dipartimento periferico di Paruro. Il mezzo con cui lo raggiungiamo è una vecchia macchina su cui viaggiamo in sette persone. La struttura del comedor è fatiscente, ma Maurizio ci dice di non arrendersi: infatti sta costruendo per i bambini una struttura simile a quella di Paucartambo. 1 bambini aumentano giorno per giorno addirittura devono fare i turni per mangiare. Anche qui le infermiere cercano di aiutare le persone del paese ma noi non abbiamo tempo per assisterle e vedere la realtà del paese.

Il nostro faticoso viaggio è ricompensato da una notizia molto importante che ci attende al Cusco: Montesinos, generale di stato, è stato preso mentre pagava una tangente di 20.000$ per ottenere il sostegno di un parlamentare dell’opposizione al governo Fujimori. Le strade strabordano di gente che manifesta per i propri diritti e le forze dell’ordine non riescono ad intervenire perché il desiderio della propria libertà è più forte di qualsiasi istituzione. Lo slogan che ad alta voce si ripete dice: “Libertà, Giustizia, Democrazia”. E’ molto simile allo slogan della Rivoluzione francese “Liberté, Egalité, Fratemité”. Per molti storici e non, la Rivoluzione francese è stata una rivoluzione borghese ma ciò non toglie che essa ha dato la speranza e lo stimolo a tutti coloro che credono nei diritti umani e nella dignità dell’individuo in quanto tale.

Ciò che scriviamo non vuole essere retorica, ma uno spunto di riflessione per coloro che sono sensibili a tutto questo e che si sentono impotenti.
Il nostro pensiero e il nostro agire dipendono solo da noi.

Riccarda e Angelo

Gracias Perù

Pubblicato il: 25/2/2012 da Amici del Peru No Comments

1° di Ottobre 2004. E’ arrivato il momento del mio viaggio in Perù. Finalmente toccare con mano l’esperienza che Maurizio condivide ogni giorno della vita nelle strutture realizzate. Un mese immersa in un’altra dimensione di suoni, colori, odori e persone di altra cultura.
Riccarda e Angelo sono stati i miei compagni di viaggio, già esperti poiché sono al loro 3° incontro con la missione Agape.

Arrivati a Lima, prima tappa, dove il medesimo giorno è giunto anche il container inviato dall’Italia ai primi di luglio, ci siamo messi subito al lavoro: scaricando, sistemando e dividendo il materiale delle casse per destinarle alle varie missioni sul territorio.
Oltre a noi vi erano anche persone del posto ad apportare il loro aiuto nell’attività di smistamento e anche il fratello di Mao, Francesco, che si trovava già da luglio in loco.

Molti i mesi occorsi per lo sdoganamento del container (da luglio ad ottobre) poiché la burocrazia è rigida, nonostante si tratti di aiuti umanitari.
Esausta ma felice, ho visto con i miei occhi che la bontà delle persone che dall’Italia aiutano questa Associazione, sono andati a buon fine.

Il giorno dopo, ci siamo equipaggiati alla volta di Cuzco. Un viaggio che mi è rimasto parecchio impresso. Volare sulle Ande. Vedere queste catene maestose mi infondeva un senso di pace e immensità. Naturalmente l’altitudine si faceva sentire, infatti appena giunti a destinazione, mi sentivo “rallentata” e dovevo camminare con molta calma, respirando profondamente a causa della carenza di ossigeno. La frenesia e lo stress con cui ero partita erano svanite ed ho interpretato la cosa come un segnale interiore, che poi ho realizzato nei giorni a venire.

Durante il percorso tra l’aeroporto e casa di Maurizio, mi pareva di essere proiettata in un mondo antico e allo stesso tempo moderno. Persone che realizzavano il loro commercio in strada. Case molto umili e bambini sporchi che si inventavano giochi con un niente. Altri bambini, agli angoli delle vie, lucidavano scarpe ai passanti.
Il cielo limpido e azzurro come non l’avevo mai visto e le nuvole bianche che si rincorrevano quasi a giocare fra loro, così vicine che sembrava di poterle toccare.
Maurizio ci ha accolti nella sua umile dimora dalle poche pretese, con molta cordialità. Nell’aria un senso di condivisione e fraterna amicizia.
Qualche giorno per ambientarsi e consentire l’adattamento fisico ai 3500 metri di altitudine e poi è iniziata la vera attività. Ho avuto l’occasione di conoscere le ragazze del Gruppo Agape che collaborano con Maurizio e gestiscono le mense di Urcos, Paucartambo e Paruro, dove vengono accolti circa 500 bambini al dì.

La prima mensa visitata…quella di Urcos. Il Comedor è stato ambientato in un vecchio mattatoio prestato dal Municipio al gruppo Agape, opportunamente restaurato e reso accogliente da alcuni murales. Dopo la scuola, i bimbi (un po’ sporchetti) arrivano al portone d’ingresso e ad uno ad uno, con il loro cucchiaio, accedono alla struttura per poter mangiare un pasto caldo.
Quel giorno, in particolare, hanno trovato noi ad attenderli. Nonostante le ragazze del gruppo gli avessero detto del nostro arrivo, in principio ci guardavano un po’ intimiditi, con i bellissimi occhi ed il sorriso pieno di semplicità e sorpresa. Ma dopo pochi minuti ne eravamo circondati. Facevano domande, volevano essere fotografati e ci abbracciavano. Con gusto mangiavano la ciotola di zuppa fatta di verdura e pasta e dopo il pranzo ci hanno intrattenuto con balli e canti.
Grande era il desiderio di poter vedere questa realtà e finalmente incontrare i bambini che, fino a ieri, avevo visto in foto e filmati. Tutto il vissuto di questo giorno non è passato invano.

Parlando fra noi e meditando su quello che abbiamo visto ci siamo resi conto che il nostro poco qui è tanto e come la nostra vita sia proiettata in un vortice dove la frenesia e il progresso ci porta a non pensare più.
Le altre due mense che ho visitato, Paruro e Paucartambo, sono raggiungibili dopo alcune ore di bus lungo strade sconnesse e dirupi profondi, ma la particolarità di questi paesini nascosti tra le montagne, è unica. La gente si riunisce nella piazzetta centrale cui si affacciano piccoli negozi che vendono di tutto. Sorprendente vedere per le strade ogni tipo di animale e bambini che giocano attorno ai venditori ambulanti.
Le strutture che accolgono le mense, anche se costruite con mattoni di fango e legno, risultano molto accoglienti. All’interno vi è la cucina dove viene preparato il pranzo e accanto una grande stanza con pareti colorate, piena di tavoli e sedie dove ogni giorno circa 200 bambini vengono dopo la scuola. Anche i bambini che abitano lontano e non hanno la possibilità di fare pappa, frequentano le mense.
Arrivano piano piano, un po’ sporchi e mal vestiti, alcuni anche scalzi. Il viso bruciato dal sole e dal vento. Qualcuno con alle spalle il proprio fratellino.
Le loro pance gonfie per la parassitosi intestinale, quasi tutti denutriti, ma negli occhi uno sguardo vigile e furbetto. Alcuni paiono già delle persone adulte poiché qui la vita è molto diversa da quella dei nostri bambini, infatti si divertono con poco e spesso lavorano nei campi, facendo da guardia agli animali o accudendo i fratelli più piccoli.

Nelle mense di Paruro e Paucartambo sono funzionanti, da poco, due forni a legna per fare il pane e i dolci e quindi produrre un alimento in più per sfamare i pargoli.
Nell’esperienza che ho vissuto nelle mense, ho dato il mio contributo nella preparazione e distribuzione del pane e della pizza.
Da Paruro/Paucartambo, ci siamo poi spostati nella regione di Puno, dove Maurizio sta portando a termine il Progetto Agropecuario (Solidaridad Andina), nella Provincia di Lampa, precisamente all’interno della comunità di Chullunquiani , a 4000 metri di altitudine.

Qui la vita è veramente dura.
Diverse ore di strade sterrate, polveri e dirupi ci hanno diviso dall’arrivo in questa area. Un paesaggio veramente bello mi si presentava dal vetro del finestrino: rocce rosse che assumevano diverse forme durante il cammino; piante strane molto grandi, con fiori particolari; lama che saltellavano per la strada; il cielo assumeva un colore splendente; il vento forte e il sole scaldavano il viso. Mi sono sentita proiettata in un’altra dimensione lontana dai miei canoni di vita.
Arrivati a destinazione, i bambini ci sono venuti incontro per salutarci, sembrava di essere in un presepe. Le pecore. I lama. I bambini che giocavano e in lontananza uomini che portavano al pascolo gli animali.
La struttura, realizzata con l’aiuto degli abitanti della comunità, sorge maestosa ai piedi della montagna. Al suo interno, recinti con maiali, galline, conigli, papere, porcellini d’india. Il bello di tutto questo è che gli abitanti lavorano fieri, sapendo di avere in corso d’opera una realizzazione comunitaria insieme a Maurizio.

Ci chiedevano info sul materiale arrivato dall’Italia con il container, sugli attrezzi agricoli e consigli sulla serra che doveva essere montata per poter coltivare gli ortaggi al riparo dal freddo, poiché qui la temperatura scende molto la notte.
La sera ci siamo riuniti tutti intorno ad un tavolo per cenare a lume di una candela, mentre fuori la notte stava calando. Nella comunità, come per incanto, si potevano vedere piccole luci delle lanterne che illuminavano le capanne dei contadini. Ancora non c’è l’elettricità. Dominava un silenzio “silenzio”! Senza auto, ne televisione, solo il rumore del vento e alcuni cani che abbaiavano in lontananza.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto, scavando nel profondo di me stessa come non avevo mai fatto, perché sempre qualcosa mi distoglieva dal pensare con più intensità. In Perù, insieme ad altre persone, sono riuscita a condividere pienamente le mie giornate e a capire perché in Italia corro sempre, penso al domani senza riuscire a cogliere la gioia delle piccole cose che ci vengono donate giornalmente, valorizzandole in pieno.
La bellezza di un sorriso. L’umiltà. Basta veramente poco per poter rendere felice un persona. Un bimbo che ti tiene nella mano il dono di un biscotto e un “gracias hermana” con il sorriso pieno di ingenuità semplicità e bellezza.

SONIA

Fraternita’ e Missione

Pubblicato il: 25/2/2012 da Amici del Peru No Comments

Siamo Francesco e Claudia,una coppia di sposi di Lucca,che dal 2008 hanno deciso di vivere la propria esperienza di vita in Perù come missionari laici della Diocesi di Lucca.Ci troviamo a Cusco e prestiamo il nostro servizio per la Prelatura di Sicuani, mentre la nostra missione si svolge in una provincia chiamata Chumbivilcas e precisamente in un distretto chiamato Livitaca.

Spiegare il perché di una scelta è sempre difficile, le parole non bastano, comunque sicuramente è anche il frutto di un percorso di tanti anni all’interno dell’associazione alla quale facciamo parte, L’Associazione Amici del Perù di Lucca.
Da più di 15 anni l’associazione ha promosso molti progetti in Perù a favore dell’infanzia, delle comunità contadine ecc e dal 2008 con la nostra partenza si è indirizzata anche al settore sanitario e educativo poiché noi siamo infermieri.

La nostra missione quindi è iniziata con progetti sanitari di supporto a una struttura pubblica, il Centro di salute S. Gemma Galgani di Livitaca e si è intensificata in questi anni con l’attenzione all’educazione sanitaria.
Dal 2010 abbiamo anche una stretta relazione con la Parrocchia di Livitaca e il suo Parroco, Padre Tomas, un missionario Koreano con il quale abbiamo una bella collaborazione. Dal 2011 le nostre attività si sono ulteriormente ampliate e dal 2012 prenderemo in gestione una mensa popolare e un forno attualmente gestiti dalla parrocchia.

Quello che facciamo è solo una piccola parte di un lavoro più grande che i nostri amici italiani concretizzano ogni giorno, attraverso eventi, sensibilizzazione alle problematiche del Sud America,corsi per volontari ecc.
Il legame con l’associazione è molto forte, questo ci permette di vivere con entusiasmo la nostra missione e la visita in Perù di ogni amico è per noi una festa e un momento di condivisione.
Quello che facciamo nasce da una progettualità e sensibilità comune tra noi, la gente del Perù e i nostri amici italiani nella ricerca di un armonia di intenti legati alle possibilità del momento.

La bellezza di appartenere agli Amici del Perù è la diversità delle persone, lo loro provenienza e ideologia, mentre tutto si lega nel desiderio di aiutare il Perù in una crescita umana,materiale e spirituale.
Al di la di un rapporto di amicizia, si è instaurata, in questi anni, un relazione profonda fra noi, fatta di esperienze comuni di vita, sia in Perù che in Italia.
Il nostro pensiero e speranza è di poter continuare a viver questa esperienza di missione ancora per molto tempo, con uno spirito di umiltà e servizio ai nostri fratelli peruviani, cercando attraverso la solidarietà, la fraternità, quel legame profondo che riduce le distanze e avvicina i cuori.

Francesco Caneva