Deborah nel 2015 è tornata in Perù e per raccontarci questa sua esperienza ci ha regalato un reportage video.
Ecco qua il link:
https://www.youtube.com/playlist?list=PLP43CnQwO6yxjJGqb8JrrrWsND2QiHX6h
Deborah nel 2015 è tornata in Perù e per raccontarci questa sua esperienza ci ha regalato un reportage video.
Ecco qua il link:
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E’ difficile scrivere e spiegare in poche righe, un’esperienza così “piena” come quella vissuta nel pueblo di Mollebamba. Piena per la tante cose da fare,nella realtà quotidiana della comunità; piena per le emozioni vissute; piena per la bellezza di quel luogo magico; piena spiritualmente perchè passare un mese insieme agli amici dell’associazione è un qualcosa che un po’ mi ha cambiato.
Tanti sono i flash che mi vengono, i bambini, la loro purezza, il divertirsi rotolandosi nel prato, le visite continue della gente al centro di salute, i tanti progetti che Maurizio e Norbina, insieme all’associazione e ai volontari in Perù, portano avanti con determinazione e dedizione encomiabile. Ho avuto anche la fortuna di essere lì, il giorno della festa della comunità, scoprendo tradizioni e costumi così diversi da quelli a cui ero abituato; senza dimenticare la ofrenda a la Pachamama fatta con i bambini a scuola e molto altro. Un’insieme di situazioni che mi hanno arricchito molto come persona.
Mi porterò sempre dentro il sorriso de los ninos, quel loro salutarti con un “buen dia”, così come sarà impossibile dimenticare il senso di benessere interiore nel cercare di aiutare in qualche modo, rendersi conto di come sia effimera e fine a se stessa la materialità dello cose…..e per questo non finirò mai di ringraziare l’associazione in tutti i suoi componenti per l’opportuninità che ho avuto.
E non è facile neanche descrivere le sensazioni che si provano guardando a bocca aperta il cielo stellato sopra Mollebamba, semplicemente maravilloso….senza dimenticare i colori della natura, Mawk’allaqta e Puma Orq’o…….ricordi indelebili.
Un’esperienza unica, un punto luminoso che ho avuto la fortuna di vivere.
Mattia Ducoli
E’ stato un bellissimo regalo che mi sono fatta partire per un viaggio in Perù e visitare un progetto gestito dall’Associazione Amici del Perù e trovarmi a 3500 metri sulle Ande in un paesino sperduto nella culla della civiltà Inka.
Stare, anche se per poco tempo, con una popolazione che vive a contatto con la Natura, dove il rispetto per la “Pachamama” lo puoi sentire in ogni singolo gesto quotidiano, il segno di riconoscenza nel dedicarLe ogni primo sorso ti fa capire quanto è profondo il rispetto di questo popolo per la MadreTerra.
Capisci che tutto dipende dal giusto equilibrio che si instaura tra l’Uomo e la Natura, del rispetto del bene comune e che si può vivere bene eliminando il superfluo.
Mi sembrava di vivere in un libro di Mamani, un’esperienza piena di energia positiva.
Il lavoro di Norbina e Maurizio all’interno della Comunità, dove sono sempre presenti in caso di bisogno, è sempre molto intenso, il loro impegno sia in caso di problemi sanitari che per gli aspetti più pratici, ti fa capire di come si sono bene integrati nella Comunità.
Ringrazio Norbina e Maurizio dell’accoglienza che mi hanno riservato e spero di poter ripetere questa esperienza che pur essendo stata molto breve e stata anche molto intensa.
Emma Malacrida
Eravamo andati a dar messa a CCacho, una comunità che dista 20 km da Chamaca, nel distretto di Chumbivilcas, il distretto più povero del Cuzco. Quel giorno c’erano i tecnici a montare i fili della luce..quel giorno arrivava l’elettricità.
La cappella era buia e la illuminammo con le candele, non c’erano panche di legno nè gradini di marmo…solo terra e un piccolo altare che abbiamo improvvisato con un tavolo e una manta.
Durante la messa sono uscita un momento fuori e c’era un bambino seduto accanto alla porta d’ingresso, stava succhiando con gusto il filtro di una sigaretta spenta.Inorridita gli ho detto quello che sempre si dice ai bambini in queste occasioni: “sputa, è cacca!!” e per convincerlo gli ho allungato un chewingum alla menta. Ha accettato lo scambio e mi ha dato il filtro.
La cosa che mi ha lasciato a bocca aperta è che dopo un paio di secondi che masticava ha fatto una faccia disgustatissima e ha sputato quella cosa molliccia dal sapore sconosciuto che proprio non gli piaceva.
Questo piccolo racconto per condividere con voi una riflessione: non possiamo pensare che il mondo la pensi come noi e accostarci al prossimo con la convinzione che ciò che piace a noi possa piacere a tutti, piacere nel senso lato del termine, da un chewingum a un’ideologia, da un paio di scarpe a una religione.
Il viaggio ti insegna questo, ad accostarti agli altri con cuore libero e orecchi e occhi aperti alla comprensione, senza umiltà non si può cambiare il mondo.
Vivere lontani dal proprio paese per tanto tempo fa curiosamente risaltare pregi e contraddizioni del luogo dove abbiamo vissuto gran parte della nostra vita. Questo è proprio quello che mi succede vivendo in Perù.
La lontananza mi fa vedere le cose come dall’alto, un po’ distaccato, ma sempre emotivamente partecipe di quello che succede. Anche i ricordi, il passato, le persone, le esperienze vengono come filtrate da un setaccio che non fa passare però ciò che veramente è stato ed è importante.
Quello che per me ad oggi è veramente importante è l’amicizia, quell’amicizia che in Perù come in Italia è condivisione di ideali,di speranze, quell’uscire da se stessi per andare incontro all’altro, anche il più lontano. La ricchezza che accompagna mia moglie e me in questa esperienza è proprio il fatto di pensare che tanti amici partecipano con noi e sono vicino al popolo peruviano. Un impegno comune in Italia come in Perù che va oltre al gesto concreto per diventare aspirazione e speranza elevandosi a spiritualità vera.
Siamo fortunati ad avere tanti amici, soprattutto dell’Associazione, che sempre sentiamo vicini e partecipi del cambiamento concreto della vita di tante persone lontane che nemmeno conoscono. Partecipare insieme, dare il proprio tempo, quando di tempo c’è n’è sempre meno, mettere insieme idee,entusiasmo, professionalità, al servizio degli altri. Conoscere personalmente il lavoro che stiamo facendo in Perù, vivere l’esperienza dell’esserci, donarsi.
A volte ripenso alle amicizie dell’adolescenza, della giovinezza, quando pensavamo davvero di poter fare qualsiasi cosa per sè e gli altri come cambiare il mondo. Oggi, senza quell’incoscienza, penso le stesse cose, certo con più umiltà, sapendo di poter giocare la propria vita per quello in cui si crede veramente.
Martin Luther King diceva che ci sono delle persone che pensano di poter cambiare il mondo. Alla fine sono proprio quelle persone a cambiarlo per davvero.
Eccomi qui, cari amici, ormai tornata alla vita italiana da due mesi, per raccontarvi della mia esperienza peruviana.
Mi sembra sia passato un sacco di tempo eppure i ricordi affiorano alla memoria uno dopo l’altro come se fossi ancora là
Eh bè.. per dirla tutta.. io mi sento ancora là, c’ho lasciato un bel pezzetto di cuore.
Mi piace raccontarvi del “mio Perù” come un paese dal fascino “Colorato”, perché il ricordo dei colori è veramente immediato e intenso. A partire dal cielo azzurro, così vicino alle nostre teste che sembrava di toccarlo. E le nuvole a forma di panna montata pronta per infilarci il dito. Poi le stoffe, i vestiti, l’artigianato dai colori accesi.. giallo, rosso, fucsia, blu..
Per non parlare del ricordo dei paesaggi andini, immensi e selvaggi..dove un uomo libero si sente veramente Libero In questi luoghi il silenzio regna sovrano, è una musica per le nostre orecchie non abituate.
Quando mi sono trovata per la prima volta a 4000m, con il cielo e le nuvole proprio sopra la mia testa, di fronte a me non c’era nulla se non la natura spettacolare .. in quel momento ho assaporato veramente la pace dentro e fuori di me.
E’ stato un viaggio ricco d’incontri, di storie e di storia. Un paese magico, dove ancora nelle comunità andine si parla Quechua e dove ancora vivono antiche usanze, dove si masticano foglie di coca e si sta insieme bevendo un bicchiere di Inca cola. Ho conosciuto persone umili, riservate ma al tempo stesso accoglienti. Tanti volti mi tornano alla mente..Bambini con le guance bruciate dal sole e dal freddo, donne e uomini segnati dalle fatiche dei lavori nei campi o in miniera. Ricordo gli occhi profondi della gente, di chi, forse, si sente abbandonato o lasciato al proprio destino. Chi può dirlo..
Posso però dire che porterò il ricordo di questo viaggio sempre con me e spero di trasmettere a tutti voi quanto è stato importante per me.
Cari amici concludo approfittando di questa occasione per ringraziare di cuore i miei amici Francesco, Claudia, Emanuele e Pisco per il calore e l’ospitalità con la quale mi hanno accolto. E i miei compagni Amici del Perù perché per me sono diventati una seconda famiglia.
Tutto quello che siamo riusciti a costruire in questi anni è dovuto certamente al nostro impegno e alle nostre iniziative, ma soprattutto alla solidarietà di tante persone e istituzioni sensibili a tali e tanti problemi che sembrano così lontani da noi. Dare è uscire un po’ da noi stessi per andare incontro all’altro, per partecipare alle difficoltà delle persone meno fortunate. Questo certo non è tutto e non possiamo racchiudere il concetto di solidarietà nel solo dare, infatti, l’essere solidali, è un atteggiamento della vita che dilata in vastità e profondità l’esistenza dell’uomo, la arricchisce, ci offre al mondo e agli uomini. La solidarietà in se avrebbe poco senso se non fosse alimentata dalla speranza. Se noi non avessimo fiducia che quello che facciamo non porterà ad alcun cambiamento, se non avessimo la speranza in questa parte del mondo, come potremmo averne per il Perù, dove i problemi sono molto più grandi che da noi!
Tutte le volte che qualcuno della nostra associazione si reca in Perù per la prima volta, rimane colpito dalla miseria che affligge questo paese, come del resto tutta l’America Latina e gran parte del mondo. Denutrizione cronica, malattie, problemi sociali, bambini abbandonati, questi e molti altri ancora sono i problemi che ci scuotono dentro. Nasce da qui una necessità intima di fare qualcosa, quindi ci si rimbocca le maniche, si valuta e si progetta ciò che è più utile alla comunità, coinvolgendo le persone e le istituzioni del posto, a seconda delle risorse disponibili. Fare insieme, costruire insieme al nostro prossimo, ecco come essere più vicini all’altro.
Vivendo quotidianamente la realtà del Perù ci si rende conto di quanto sia lontano il nostro modo di vivere, di pensare, di rapportarsi con le persone. Qui è tutto diverso. Ci si deve cambiare per entrare in una relazione più profonda, non basta dare o fare, bisogna lasciarsi coinvolgere. Si corre altrimenti il rischio di rimanere su di un piedistallo con la mano tesa verso il basso, con un atteggiamento di chi commisera dall’alto e sa di essere quello che possiede e che dona. Non si deve tendere la mano dall’alto, ma bisogna prenderci per mano e calarci nella loro realtà, rispettando la loro cultura e cercando nella diversità la ricchezza. Questo è il modo di costruire insieme.
La nostra esperienza ci ha fatto capire che non si deve valutare il nostro impegno solo da quante mense e dispensari si riesce a costruire e a tenere in esercizio. Il nostro riferimento quindi non deve essere quanto si riesce a dare e a fare, ma quanto si riesce ad essere e a condividere.
Condividere è una delle parole chiave della nostra esperienza. Il nostro impegno è rivolto alle popolazioni più povere delle Ande peruviane e il vero incontro si ha quando si condivide, ma non tanto ciò che abbiamo con noi, ma ciò che hanno loro: l’atteggiamento di umiltà e di servizio ci porta all’incontro con queste persone, quindi il modo di legare con loro un rapporto di solidarietà è vivere come loro, mangiare con loro, viaggiare con loro, farsi come loro. Bisogna cogliere e sentire la loro fierezza, la loro dignità, la loro ospitalità, non solo quindi i problemi cronici di questo popolo e i modi con cui affrontarli.
La solidarietà deve essere un atteggiamento di vita che in questi paesi richiede un coinvolgimento totale della persona e che si deve manifestare tramite il dare, il fare, il donarsi, l’essere, il condividere, il servire.
Nell’esperienza di questi anni ci siamo posti una serie di domande che si possono riassumere nel chiedersi: perché tutto questo? Come possiamo cambiarlo? Da lontano sembra che le situazioni si creino per fatalità, però guardando meglio si capisce che non è proprio così: certo è che la regione inka non è molto fertile e le vie di comunicazione sono difficili da praticare e di per se isolate a causa dell’altitudine, ma non possono essere solo queste le risposte. Ci sono molte situazioni create dall’uomo che affliggono questo popolo come la disgregazione sociale, l’abbandono dei bambini, lo sfruttamento delle multinazionali, la situazione della donna, il lavoro minorile, la corruzione, la fame. Ogni giorno alle porte del gruppo Agape a Cuzco bussano decine di persone per chiedere aiuto: chi è ammalato, chi ha subito un’ingiustizia, chi è stato derubato. Spesso non possiamo far niente per questa gente se non accoglierla. Infatti, in un paese come questo, è già qualcosa di importante per un povero sentirsi ascoltato. Milioni di persone non contano niente e non sanno che pure loro hanno dei diritti. Dobbiamo farci carico di questa gente, porci in un ascolto attento e quindi gridare le ingiustizie e farsi voce anche per chi non ne ha.
Questa è la vera povertà, l’uomo che rende povero un altro uomo. La fame è una conseguenza, come le malattie e la denutrizione, le donne violentate e abbandonate, l’assenza dei diritti, i bambini sfruttati quattordici ore il giorno per lavorare in condizioni estreme a cinquemila metri di altitudine.
Questa è la vera sfida alla quale dobbiamo trovare una risposta. Quale speranza si può opporre a tutto questo? L’unica risposta che sappiamo dare è riposta nell’ideale che ci spinge ad impegnarci per costruire un mondo più giusto. Dobbiamo imparare a guardare le piccole cose in un contesto più ampio e universale, non fermarci ai risultati immediati, ma essere dei seminatori di speranza attraverso la solidarietà. Si deve essere testimoni con la nostra vita di ciò in cui crediamo, cioè l’uomo nuovo, l’uomo delle beatitudini. Già sono state troppe le rivoluzioni con le armi che annientano l’uomo senza liberarlo, c’è bisogno di un’altra strada, cioè la rivoluzione del cuore, che è molto più lenta, ma è liberante. La solidarietà è la strada che porta alla pace, la pace è figlia della solidarietà, così come la solidarietà è figlia della speranza, che per noi nasce dall’uomo nuovo Gesù Cristo e il Vangelo.
Riccarda